Lavorare in una multinazionale
Lavorare in una multinazionale significa che dopo 10 giorni di un piovoso giugno passati inutilmente a Dublino alla ricerca di funzioni senior ed executive capisci che, senza un perfetto inglese e un po’ di work experience in Irlanda, non avrai grosse possibilità e miri più in basso e partecipi ad una fiera del lavoro in un lussuoso hotel di Connelly Street e consegni il tuo curriculum ad una importante agenzia di recruiting, che dopo 2 giorni ti contatta e ti fa fare 4 test psico-tecnici on-line, poi ti chiama e ti prepara alla interview che farai il giorno dopo, di venerdì. Passi l’interview e lunedì, 5 giorni aver dato il tuo cv alla fiera nel lussuoso hotel, è il tuo primo giorno di lavoro e firmi il contratto a tempo indeterminato per una multinazionale americano, settore IT.
Lavorare in una multinazionale significa che passi tutto le prime cinque settimane di assunzione in training con i nuovi assunti francesi, spagnoli, olandesi, irlandesi, italiani, portoghesi, svedesi o tedeschi con cui per oltre un mese condividi formazione pagata e divertenti uscite multinazionali. In questo mese fai buddy up con i tuoi prossimi colleghi e apprendi segreti e trucchi del lavoro, mentre ad agosto dato il poco carico di lavoro potrai fare tanti corsi on line ed in aula su varie tematiche (applicativi software, project management, technical analysis, etc) con certificazione finale che ti mette gentilmente a disposizione l’azienda.
Lavorare in una multinazionale significa che paghi obbligatoriamente 5 euro al mese per attività sportive e sociali, con le quali puoi partecipare alle feste aziendali con tanti palloncini colorati (Summer Party, Halloween Party, Christmas Party, etc.) oppure fare tante attività come trekking, corsi di golf, pilates, badminton, scacchi oppure andare nella vicina piscina olimpica con prezzi scontatissimi.
Lavorare in una multinazionale significa che per 8 ore al giorno devi occuparti di noiosissimi rogne amministrative, contratti, problemi software e hardware di clienti e aziende perlopiù italiane.
Lavorare in una multinazionale significa che ti devi alzare alle 6.30 perché l’azienda si trova in un business park di Dublino West e tu preferisci alzarti presto, ma viver in centro piuttosto che fare una vita casa-ufficio.
Lavorare in una multinazionale significa che lavori in un dipartimento italiano e la cosa ti lascia perplesso all’inizio per il rischio di auto ghettizzarsi tra compatrioti e di parlare solo italiano, ma poi – geloso e rallegrato del tuo gruppo di amicizie internazionali che sei riuscito a crearti – imparerai ad apprezzare le partitelle di calcetto tra colleghi, la birra bevuta sui prati del Trinity College nelle lunghe serate estive del dopo lavoro, i sempre più frequenti leaving party e le chiacchierate gossippare in mensa nell’ora di pausa. Impari a conoscere un dipartimento professionale, ma anche vitale e goliardico con cui tra una pratica e l’altra giocherai a lanciare palloni da rugby, a schermare con le aste delle finestre e a condividere spam, che tu incrementerai con vignette, foto e aneddoti (un ex collega ti ricorderà come quello che scrisse un lunedì mattina l’email intitolata “Titillarsi i capezzoli nel traffico cittadino alla mattina senza colazione”).
Lavorare in una multinazionale significa che a fine luglio durante un training l’altoparlante annuncia un’assemblea improvvisa nella canteen. Tu vai e ti ritrovi con buona parte dei 1400 impiegati della multinazionale che provengono dai cinque edifici adiacenti. Nell’assemblea il direttore generale, nello stupore generale, dice che da settembre la gestione dei dipartimenti tecnici e finanziari verrà data in outsourcing e la maggior parte di noi diventerà un dipendente IBM. Ci tranquillizza: “non cambierà nulla”, anzi sono maggiori le opportunità. Sconcerto, preoccupazioni e speranze.
Lavorare in una multinazionale significa che nei mesi successivi le notizie dell’ outsourcing risulteranno più chiare: nei successivi mesi i dipartimenti verranno trasferiti in paesi con maggiore detassazione e minori costi del lavoro (India, Filippine, Bulgaria e Scozia). Noi potremo decidere di trasferirci nelle nuove locazioni con relativi stipendi (a Sofia 600 euro al mese) oppure rinunciare e cercare un inserimento in IBM oppure prendere una redundancy (una sorta di liquidazione). I tempi della fine dell’attività a Dublino non sono indicati. Prima si parla di novembre, poi di gennaio, poi di fine marzo. Nel mentre si bloccano le assunzioni a tempo indeterminato e i nuovi vengono assunti per uno o due mesi. Il clima è di smobilitazione.
Lavorare in una multinazionale significa che cerchi di capire se dalla crisi possono nascere delle opportunità e ti candidi per un ruolo interno di importante responsabilità. Con sorpresa, visto che sei appena arrivato (da regolamento interno non puoi avare scatti di carriera prima di 9 mesi), la tua candidatura viene accettata e fai il colloquio, ma al momento non ricevi ancora risposta. Nel mentre rispondi stancamente ai recruiters che – mentre sei a lavoro – ti chiamano per proporti lavori dopo che hanno trovato tuo curriculum su monster.ie.
Lavorare in una multinazionale significa che vista la situazione a fine novembre inizi a guardarti attorno per vedere se ci sono altre opportunità a Dublino maggiormente coerenti con il tuo profilo ora che hai migliorato il tuo inglese con le tue attività extra lavorative e hai un’esperienza in loco. A fine novembre farai alcuni colloqui come fundraising manager, information systems analyst, lean manager e project co-ordinator. I recruiters ti dicono di non preoccuparti che con il tuo profilo nel giro di qualche settimana un lavoro qualificato lo si trova di certo. Tu fingi di crederci, ma sai bene che con il tuo livello di inglese e la forte concorrenza per ruoli medio-alti per essere ottimisti ci vorranno almeno un paio di mesi. Non c’è ansia e fretta però. In fondo almeno alcuni mesi ti tengono ancora e ti trovi bene nel dipartimento dove ti trovi ora. Dove si gioca a rugby tra i desk e si commenta ogni nuovo calendario sexy che Repubblica.it prontamente mette on line.
Lavorare in una multinazionale significa che passi tutto le prime cinque settimane di assunzione in training con i nuovi assunti francesi, spagnoli, olandesi, irlandesi, italiani, portoghesi, svedesi o tedeschi con cui per oltre un mese condividi formazione pagata e divertenti uscite multinazionali. In questo mese fai buddy up con i tuoi prossimi colleghi e apprendi segreti e trucchi del lavoro, mentre ad agosto dato il poco carico di lavoro potrai fare tanti corsi on line ed in aula su varie tematiche (applicativi software, project management, technical analysis, etc) con certificazione finale che ti mette gentilmente a disposizione l’azienda.
Lavorare in una multinazionale significa che paghi obbligatoriamente 5 euro al mese per attività sportive e sociali, con le quali puoi partecipare alle feste aziendali con tanti palloncini colorati (Summer Party, Halloween Party, Christmas Party, etc.) oppure fare tante attività come trekking, corsi di golf, pilates, badminton, scacchi oppure andare nella vicina piscina olimpica con prezzi scontatissimi.
Lavorare in una multinazionale significa che per 8 ore al giorno devi occuparti di noiosissimi rogne amministrative, contratti, problemi software e hardware di clienti e aziende perlopiù italiane.
Lavorare in una multinazionale significa che ti devi alzare alle 6.30 perché l’azienda si trova in un business park di Dublino West e tu preferisci alzarti presto, ma viver in centro piuttosto che fare una vita casa-ufficio.
Lavorare in una multinazionale significa che lavori in un dipartimento italiano e la cosa ti lascia perplesso all’inizio per il rischio di auto ghettizzarsi tra compatrioti e di parlare solo italiano, ma poi – geloso e rallegrato del tuo gruppo di amicizie internazionali che sei riuscito a crearti – imparerai ad apprezzare le partitelle di calcetto tra colleghi, la birra bevuta sui prati del Trinity College nelle lunghe serate estive del dopo lavoro, i sempre più frequenti leaving party e le chiacchierate gossippare in mensa nell’ora di pausa. Impari a conoscere un dipartimento professionale, ma anche vitale e goliardico con cui tra una pratica e l’altra giocherai a lanciare palloni da rugby, a schermare con le aste delle finestre e a condividere spam, che tu incrementerai con vignette, foto e aneddoti (un ex collega ti ricorderà come quello che scrisse un lunedì mattina l’email intitolata “Titillarsi i capezzoli nel traffico cittadino alla mattina senza colazione”).
Lavorare in una multinazionale significa che a fine luglio durante un training l’altoparlante annuncia un’assemblea improvvisa nella canteen. Tu vai e ti ritrovi con buona parte dei 1400 impiegati della multinazionale che provengono dai cinque edifici adiacenti. Nell’assemblea il direttore generale, nello stupore generale, dice che da settembre la gestione dei dipartimenti tecnici e finanziari verrà data in outsourcing e la maggior parte di noi diventerà un dipendente IBM. Ci tranquillizza: “non cambierà nulla”, anzi sono maggiori le opportunità. Sconcerto, preoccupazioni e speranze.
Lavorare in una multinazionale significa che nei mesi successivi le notizie dell’ outsourcing risulteranno più chiare: nei successivi mesi i dipartimenti verranno trasferiti in paesi con maggiore detassazione e minori costi del lavoro (India, Filippine, Bulgaria e Scozia). Noi potremo decidere di trasferirci nelle nuove locazioni con relativi stipendi (a Sofia 600 euro al mese) oppure rinunciare e cercare un inserimento in IBM oppure prendere una redundancy (una sorta di liquidazione). I tempi della fine dell’attività a Dublino non sono indicati. Prima si parla di novembre, poi di gennaio, poi di fine marzo. Nel mentre si bloccano le assunzioni a tempo indeterminato e i nuovi vengono assunti per uno o due mesi. Il clima è di smobilitazione.
Lavorare in una multinazionale significa che cerchi di capire se dalla crisi possono nascere delle opportunità e ti candidi per un ruolo interno di importante responsabilità. Con sorpresa, visto che sei appena arrivato (da regolamento interno non puoi avare scatti di carriera prima di 9 mesi), la tua candidatura viene accettata e fai il colloquio, ma al momento non ricevi ancora risposta. Nel mentre rispondi stancamente ai recruiters che – mentre sei a lavoro – ti chiamano per proporti lavori dopo che hanno trovato tuo curriculum su monster.ie.
Lavorare in una multinazionale significa che vista la situazione a fine novembre inizi a guardarti attorno per vedere se ci sono altre opportunità a Dublino maggiormente coerenti con il tuo profilo ora che hai migliorato il tuo inglese con le tue attività extra lavorative e hai un’esperienza in loco. A fine novembre farai alcuni colloqui come fundraising manager, information systems analyst, lean manager e project co-ordinator. I recruiters ti dicono di non preoccuparti che con il tuo profilo nel giro di qualche settimana un lavoro qualificato lo si trova di certo. Tu fingi di crederci, ma sai bene che con il tuo livello di inglese e la forte concorrenza per ruoli medio-alti per essere ottimisti ci vorranno almeno un paio di mesi. Non c’è ansia e fretta però. In fondo almeno alcuni mesi ti tengono ancora e ti trovi bene nel dipartimento dove ti trovi ora. Dove si gioca a rugby tra i desk e si commenta ogni nuovo calendario sexy che Repubblica.it prontamente mette on line.
Pic: Xerox (Europe) Ballycoolin Business Park, Dublin
Song: R.E.M. – Losing My Religion
Link: www.xerox.com
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UB40 live at RDS
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Grazia ( )
Si vede che lavoriamo in 2 multinazionali diverse 🙂
In bocca al lupo,
Gra
utopie ( )
perché noi non facciamo il mercoledì jackass? 🙂
antonio ( )
bel post
Grazia ( )
io non ho fatto nessun training iniziale, io non lavoro con italiani o per italiani, ma con irlandesi e per americani/inglesi/tedeschi/francesi
ps. Io ho deciso di fare una vita casa/ufficio e farmi ospitare da chi ha deciso di fare una vita casa/autobus 😛
utopie ( )
l’autobus ha il suo fascino e poi cambiare casa essendo la situazione così precaria non ha molto senso. il punto è che il lavoro è parte della mia, non la mia vita. e anche per questo che in questo blog ho parlato così poco di lavoro…
p.s. parlando di calendari sexy ero sicuro che antonio avrebbe apprezzato il post… 😉
Anonimo ( )
utopie, hai una email, un citofono o che so io??
Gizzo
Anonimo ( )
pittau, al posto di scrivere minchiate venga a lavorare che si e’ preso due giorni di malattia (e non cancelli anche questo commento)
qui tra l’altro abbiamo i sistemi down quindi e’ na pacchia!!
I colleghi
utopie ( )
caro belluco alias “i colleghi”, spero che questo lunedì già malconcia abbia lasciato qualche virus in ufficio e auguro a lei la mia malattia che mi attanaglia da un paio di giorni con devastanti effetti psico-fisici (tanto che ho scritto come dice lei “minchiate” del tipo “dipartimento vitale e goliardico”).
gizzo, se clicchi sul mio nome puoi andare alla mia pagina blogger con indicata l’email (se mi spedisci messaggio ti lascio con estrema generosità anche cellulare).
p.s. sto ancora aspettando per week end nella countryside… 🙂
Anonimo ( )
uto stai male? belen te l’ha già fatta la zuppa a base di aglio e tabasco che “saca cualquier mal” come l’altra volta? 🙂
Puntino ( )
Bello avere un’altra visione del lavoro in multinazionali fino ad ora ero rimasta solo con quella di Grazia 😉
Thank you
Anonimo ( )
uto a proposito di week end nella countryside quando vieni a trovarmi a cork? puoi venire con belen e il suo collega olandese figo… vi ospito volentieri! 😉
p.s. ma tu lavori in quel casermone grigio della foto?
utopie ( )
@ marika: si. purtroppo ;(
@ puntino: not at all. in effetti un sacco di gente mi chiedeva info sul lavoro a dublino. ad ogni modo questa è la mia esperienza. in giro tra multinazionali c’è di peggio (e di meglio).
@ tatiana: scommetto che Gerard vorresti ospitarlo nel tuo lettone… 😉 cmq difficile che si riesca a essere a cork prima di natale. se vuoi venire a dublin sempre welcome. avvisami un pò prima pero’ prox volta. e per prima intendo almeno qualche ora prima…
lavoro nel “casermone”, vedi il cartello con limite 10km/h? il mio desk e dietro la finestra subito a destra del cartello.
Anonimo ( )
a me divertono molto le canzoni che associ ai post. come questa dei REM, devi veramente aver perso la tua religione per passare dal no profit e la cooperazione internazionale alle multinazionali! ma sono fiducioso che appena avrai smesso di giocare al soldatino della globalizzazione tornerai all’ovile… 🙂
utopie ( )
non ho cambiato religione caro max. sono diventato agnostico.
Anonimo ( )
“Titillarsi i capezzoli nel traffico cittadino alla mattina senza colazione”… 😀
Provos
ஜღBaRbYღஜ ( )
Ciao! ma mi sembrava di aver capito, dai tuoi post precedenti, che non lavoravi in una multinazionale e che anzi “snobbavi” gli italiani che venivano a Dublino per imparare l’inglese e finivano a lavorare in un call centre….. ma forse ho capito male io…
Hokori ( )
signori con tanto tempo di ritardo vi chiedo, c'è ancora speranza per un diplomato che cerca lavoro redditizio in una multinazionale? come mi immetto nel settore? grazie…
comunque un bellissimo post!