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La festa è finita



C’era una volta la Tigre Celtica. Cioè una nazione – l’Irlanda – che da paese di emigranti in bilico tra sviluppo e sottosviluppo con un’economia basata sull’agricoltura arretrata e non competitiva, negli anni novanta, ebbe una crescita senza precedenti. Il PIL triplicò in pochi anni, i salari passarono dal 60% della media Europea al 135%, la disoccupazione crollò dal 12% al 4%, gli investimenti e le importazioni subirono una crescita iperbolica. Grazie all’efficiente uso dei finanziamenti europei, una politica di deregolamentazione del mercato del lavoro, una politica di detassazione, investimenti nell’istruzione e nella ricerca e sviluppo, si era creata un clima favorevole agli investimenti esteri e nel paese arrivarono numerose multinazionali americane principalmente nei settori dell’elettronica, del software, dei prodotti farmaceutici, della finanza, degli apparecchi medici e della biotecnologia che crearono indotto (piccole imprese, start up, edilizia, servizi, etc.) e tanto lavoro. Il lavoro creato era tanto che l’offerta di posti di lavoro superava la domanda. Erano quindi ben accolti immigrati in particolare personale qualificato da tante nazioni europee che sostenevano lo sviluppo anche grazie a conoscenze che gli irlandesi non avevano come la dimestichezza di altre lingue oltre l’inglese.

Oggi la Tigre Celtica non ruggisce più. A Dublino la Xerox sta licenziando 900 dipendenti, a Galway la Abbott ha recentemente licenziato 500 lavoratori, a Cork la Beedle Pharmacies l’anno prossimo si priverà di 300 stipendiati. E molte multinazionali del settore high-tech (Microsoft, Symantec, Creative, etc.) hanno già pianificato il loro trasferimento in Asia o in paesi dell’Est Europa e a breve dunque i licenziamenti aumenteranno. Ma i dati più preoccupanti non sono questi, quanto il fatto che le start up hanno raddoppiato negli ultimi mesi la percentuale di fallimento e questa estate si sono persi oltre 15.000 posti nelle piccole e medie imprese irlandesi. Che le multinazionali sarebbero andate via si sapeva. Il problema è che nel periodo della crescita l’Irlanda non è riuscita a dotarsi di serie infrastrutture e a far crescere un’economia locale non dipendente unicamente dagli investimenti esteri. La competitività globale del paese è in fase discendente e i settori della ricerca e sviluppo e dell’istruzione superiore, due degli indicatori della relazione per misurare i futuri progressi, non sono adeguati affinché l’Irlanda possa conseguire il suo ambizioso obiettivo di diventare una “economia della conoscenza” di portata mondiale. Negli ultimi anni inoltre c’è stato un crollo del mercato immobiliare che regge buona parte dell’economia irlandese ed un aumento del numero degli irlandesi sotto la soglia della povertà. La situazione del lavoro è inevitabilmente peggiorata, alcuni giorni fa il CSO (Central Statistics Office) ha evidenziato come circa 165.000 persone (il 4,8% della popolazione) a Ottobre di quest’anno si sia dichiarate senza lavoro, il dato piu’ alto da 7 anni. Le previsioni sono di superare il 5,5% di disoccupati nel 2008. Questa situazione di stallo economico è stata ben compresa dal governo irlandese che nel suo budget 2008 (la locale finanziaria) prendendo atto della diminuzione delle entrate fiscali e per la prima volta dall’inizio del boom economico ha aumentato le tasse e le spese per le politiche sociali.
In concreto questa cosa significa? Significa che se qualche anno fa un italiano con un discreto inglese e qualche conoscenza informatica o finanziaria trovava quasi immediatamente un lavoro qualificato ora la situazione non è così semplice. Dublino è ora affollata d’ingegneri che lavorano in call centre, giuristi che fanno i camerieri e studenti che non trovano lavoro da cameriere perché tutti i posti sono presi dai polacchi o dagli spagnoli. Nel mio piccolo mi accorgo che la situazione non è più tanto sorridente quando mi candido per alcuni ruoli in società multinazionali. Mi capita sempre più spesso che il recruiter mi telefoni e mi dica “Mi dispiace ma a Dublino non c’è la possibilità, ma se lei è interessato c’è la fattibilità di una interview per lo stesso ruolo a Londra”. Ed io che prima di venire ero convinto che il mercato del lavoro londinese fosse molto più competitivo e difficile che quello irlandese! Se in Irlanda non avessi degli affetti e tanto ancora da scoprire valuterei la possibilità di trasferirmi nella vecchia Inghilterra. E se la situazione lavorativa non si sbloccasse nel medio periodo, non lo escludo in assoluto.

Pic: The Big Issues, Connelly Station, Dublin
Song: Enya – Only Time
Link: www.cso.ie


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