riflessioni

E’ arrivata la primavera


Dopo alcune nevicate di fine inverno il tempo si è finalmente voltato al bello, soffia ancora ogni tanto un vento gelido, ma che si sopporta comodamente sotto il sole. Le giornate si sono allungate e le dighe si sono chiuse e finalmente, se tieni le finestre aperte, anche nelle ammuffite case dublinesi vibra l’aria nuova della primavera.
Mi riprendo così un po’ dal mio self sbrodato e annacquato, lo asciugo in lunghe passeggiate solitarie, lo distendo al sole caldo negli scorci del lungo Liffey, lo curo, lo secco, lo allargo e lo espando davanti al Sir John Rogerson’s Quay che s’apre improvvisamente sulla foce del fiume, sulla Custom House, sulle cime degli alberi del North Wall Quay e sui meravigliosi scorci della Dublin Bay. Qui, nel viale panoramico, vengo molte volte nel tardo pomeriggio dopo il lavoro e mi apro a questo stupendo teatro con il corso d’acqua percorso da barconi e il futurista Sean O’Casey Bridge con le sue arcate d’acciaio lucenti, i pilastri del prossimo Samuel Beckett Bridge, il sito della nuova U2 tower con le sue gru che guardo incrociarsi e la Grand Canal Square illuminata dai riflettori rossi e dalle luci verdi postmoderne. Mi apro dunque e mi distendo a questo panorama irlandese, dai mattoni color caffè delle case georgiane, ai nuovi immensi grattacieli grigi; mi allargo in questi sguardi che danno pace e senso e finalmente quel lungo e lieve respiro di cervello che conferma la tua presenza al mondo, che suggerisce qui, ora, finalmente ci sei.
Esco dal mio letargo irrequieto, dall’inverno fatto di coinquilini scassacazzo, di mezzi pubblici per andare in centro e per andare a lavoro. Riprendo a leggere, scrivo addirittura qualche lettera, ma quel che faccio e soprattutto passeggiare e camminare. Il percorso che ora preferisco mi porta lontano dalle viuzze strette di Temple Bar percorse da brigate internazionali, da lingue contrastanti, da gruppi folkloristici e regionali, gli spagnoli che ridono divertiti, i polacchi che discutono, i toscani che gridano sconcezze, i cinesi che camminano veloci senza guardarsi, i romani che ballano ubriachi a braccetto, i brasiliani che cantano a squarciagola. Preferisco andare silenziosamente verso il porto di Dublino, da sud attraversato Forbes Street, saluto la statua dell’ammiraglio William Brown e seguo il fiume fino alla foce e mi fermo vicino a Britain Quay. Qua mi fermo e respiro con profondi respiri l’aria di mare e apro gli occhi solo per scoprire i dettagli del panorama che mi sta di fronte. Il percorso è breve ma la prima volta, così immerso in un trip monacale tutto Hermann Hesse, meditavo e allargavo intorno e in me stesso con sublime dilazione dei miei confini interiori, la prima volta ho impiegato una cinquantina di minuti. Sbagliando strada ad un incrocio, mi ero perso tra le case vittoriane di Ringsend. Ma arrivo a pochi secondi in più dei venti minuti, cronometro al polso, quando devo tornare a casa per l’abituale bicchiere di rosso e “come è andata la giornata” con le mie incantevoli coinquiline.
Dopo il lavoro esco dunque solo. Non devo prendere un bus o un treno con i colleghi per tornare a casa, dove arriverei in pochi minuti a piedi, ma mi rattrista tornare e non trovare nessuno che mi aspetta e mi sorride. La birra al pub dopo lavoro è stata limitata al venerdì e l’architetto ormai sta più a Londra e a Bilbao che a Dublino. E allora cammino. E nei miei sensi scattano improvvise immagini del passato. Sono quasi divertito da questi flash che tornano dal rimosso come se tutto il serbatoio del ricordo mi si rivoltasse, ma delicatamente. Mi scruto, mi guardo, e cresco. Ho anch’io la mia storia, i miei sentimenti e i miei territori di affetto. Non avrei mai pensato che venire a vivere a Dublino, almeno in questa fase, si insinuasse nella mia esistenza scrostando piacevolmente immagini ed emozioni del tutto dimenticate e che riviste oggi, inizio Aprile del 2008, appaiono così perdute da ricercarle con passione e accanimento, da studiarle, rivederle, riassorbirle. Tutto in me si muove come se questa della partenza improvvisa in Irlanda fosse una storia antichissima e remota incisa nel DNA, un codice collettivo che quando scatta decifra e informa tutto il tuo self. Non l’avrei creduto. Avevo diffidenza di tante situazioni e invece anche questi attimi mi appagano. Tutto dentro di me con la primavera si muove. C’è qualcosa che si agita dentro di me e che riannoda il senso mio con quello circostante. Non so dire esattamente di cosa si tratti, ma è qualcosa che non mi separa e soprattutto non mi divide. Qualcosa che per la prima volta da quando sono a Dublino mi fa sentire parte di questo mondo.

Pic: Grand Canal Dock, Dublin
Song: Brian Eno – By this River
Credits: P.V. Tondelli

Link: www.dublindocklands.ie


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