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Scirocco spagnolo


Sono in Spagna. Ho lavorato il Good Friday e a Pasquetta, ma la mia settimana di ferie sono riuscita a prenderla. Meta la Spagna, anzi Bilbao, anzi l’architetto, anzi (aimhé!) la famiglia dell’architetto. Lascio una primavera irlandese di sole e grandine e arrivo nei Paesi Baschi. Il programma è passare qualche giorno con l’architetto che compie gli anni e conoscere il suo mondo, per conoscere meglio lei.
Bilbao è stata una vera rivelazione! Un caldo scirocco mi accoglie all’aeroporto progettato da Santiago Calatrava e io che avevo letto di fredde brezze oceaniche mi rallegro del sole basco e delle temperature superiori ai venti gradi. La città vecchia è veramente incantevole, con deliziose casette con le tipiche verande-finestre che danno sulla strada e scorci molto belli. La parte nuova è comunque ben fatta, con molto verde e tanti (troppi) negozi per lo shopping. Bilbao è una città in espansione rapidissima e dunque è facile imbattersi, nella parte nuova, in quartieri cantiere, pieni di gru e di lavori in corso; sembra Dublino. Appena arrivato Belén mi accoglie con un sorriso sorpreso e irriverente “e chi l’avrebbe detto che saresti veramente venuto?”. Perché mai non dovevo venire? Quale è il tranello? Io ci sono e sudo. Mamma che caldo!
  • A Bilbao
Arrivati nelle vicinanze del Palazzo Euskalduna attraversiamo il ponte omonimo e percorriamo la Ribera de Deustu fino alla casa di Belén; dopo una doccia ed esserci riposati usciamo per la mia prima visita della città: risaliamo la riva destra del fiume Nervion fino ad arrivare al Puente de Deustu, nelle cui vicinanze l’architetto mi consiglia un locale dove mangiare ottimi piatti combinati, l’Etxepe Berri Bar. Poi prendiamo la metro opera dell’architetto inglese Norman Foster, e in poco tempo raggiungiamo la stazione Casco Viejo che si trova nel cuore del centro storico; qui ci muoviamo fra le strette calles ricche di botteghe e negozi tipici. Visitiamo Plaza Nueva, la Catedral de Santiago e, scendendo fra le Siete Calles, raggiungiamo la riva del fiume Nervino, sulla quale si affacciano la Iglesia de San Anton ed il Mercato de la Ribeira, il più grande mercato coperto dell’intera Spagna (a dire il vero sublimemente fatiscente) dove si trova ogni tipo di pesce, carne e verdura. Abbandonata presto la visita del mercato, ci avviamo lungo la Ribera, dalla quale vediamo la Estacion de Santander (La Concordia); raggiungiamo poi il Teatro Arriaga, che, dopo un incendio, è stato ricostruito sullo stile dell’Opera di Parigi; nelle vicinanze è stato allestito un carino mercatino equo-solidale dove tutti sembrano conoscere l’architetto.
Attraversando il Puente del Arenal, ci avviamo lungo la Gran Via Don Diego Lopez de Haro, la via dello shopping bilbaino, sulla quale si affacciano una enormità di negozi; questo prima di essere risucchiati all’interno del Corte Ingles, una vera e propria istituzione per tutti gli spagnoli, all’interno del quale si trova ogni bene di consumo, dal giocattolo al vestito di lusso, al pane, all’agenzia di viaggi fino all’assicurazione dell’auto. Giungiamo così fino a Plaza Moyua, una grande piazza di forma ellittica, molto curata e sulla quale si affaccia il palazzo della BBVA (una delle tante banche dei Paesi Baschi) e caratterizzata dalla presenza delle entrate della metropolitana, i cosiddetti Fosterritos (dal nome dell’architetto che li ha disegnati), strutture in acciaio inossidabile e vetro che fuoriescono dal sottosuolo come fossero prolungamenti delle gallerie sotterranee nelle quali corrono i treni. Ormai sera cerchiamo un posto dove cenare; dopo una lunga ricerca entriamo nella Cafeteria Tayda: tipico locale da tapas con ottimi bocadillos e combinados. Da non perdersi i “Pintxos” (piccoli aperitivi di carne, pesce o verdure, vere delizie della microcucina).
Dopo cena ci avviamo verso il Parque de Casilda Iturrizar, il quale ospita anche il Museo de Bellas Artes qui visitiamo l’intera collezione permanente ed anche quella temporanea straordinariamente aperta la sera, nel museo l’architetto mi mostra orgogliosa le opere di Jorge Oteiza, uno scultore spagnolo modernista di cui non avevo mai sentito parlare prima, ma che mi lascia effettivamente stupefatto dalla sua capacità di astrazione. Si torna a casa e l’archietto mi dice che siamo a cena dai genitori il giorno dopo. E mi istruisce. MAI parlare di politica (il padre è un fervente indipendentista basco), MAI parlare di religione (la madre è una fervente cattolica praticante), MAI parlare di sport (i fratelli sono ferventi sostenitori che il calcio italiano è fatto di mafiosi catenacciari). Mamma che caldo!
  • Deframmentazione d’orchestra in un fiore di titanio
Il giorno dopo si fa shopping. Non posso presentarmi “cosi combinato” alla cena familiare. E allora giacca blu e scarpe lucide. E io che mi chiedo se era proprio il caso di venire qui. Passeggiando per il centro ci troviamo davanti all’entrata del Museo Guggenheim Bilbao, opera dell’architetto canadese Frank Owen Gehry. L’edificio di Gehry è veramente impressionante: il rivestimento in titanio e la luce naturale lo fanno risplendere ed al tramonto i riflessi di luce lo rendono ancor più bello. È finalmente giunto il grande giorno; non dico che sono venuto a Bilbao solo per il Guggenheim, ma sinceramente è l’edificio che più m’interessa e devo dire che non mi delude affatto. Arrivati attraversando dalla riva destra del Nervion proseguendo fino al Puente Pedro Arrupe, opera dell’ingegnere José Antonio Fernández Ordóñez, che per il progetto si è ispirato ad una libellula (o più verosimilmente, come dice l’archietto, ad una lucertola) che posa le zampe sulle due rive del fiume; questo ponte è in realtà uno degli attraversamenti più recenti e più belli di Bilbao, ma anche una delle posizioni migliori per fotografare il Guggenheim. Attraversato il ponte, ci ritroviamo di fronte al museo, saliamo le scale fino alla piazza superiore e le ridiscendiamo per raggiungere l’entrata. Le sale espositive si estendono su tre piani: al piano terra vi sono le sale che accolgono l’esposizione permanente costituita in gran parte da opere di artisti contemporanei come Dan Flavin, Louise Bourgeois, Jeff Koons, Jean-Michel Basquiat, Miquel Barcelo, al secondo e terzo piano ci sono le mostre temporanee “Art and Dead – a nonsense link” e “Multiculturalism & Globalization”. Nel pomeriggio assistiamo ad una rappresentazione musicale all’interno del museo: un gruppo di musicisti classici disposti singolarmente nelle diverse sale, che cambiando continuamente collocazione spostandosi da una postazione all’altra a tempo di cronometro, suonano brevi melodie che rendono l’atmosfera all’interno del museo veramente suggestiva. Con calma mi guardo attorno, tocco la chiara pietra fredda, sfioro le esili ma resistentissime lamine di titanio, mi faccio coinvolgere dalle sinuose forme e dalle opere, attraverso le installazioni di Richard Serra, salgo con gli ascensori vetrati sino al terzo piano ed ammirate la vista dell’atrio dall’alto, passeggio nel bookshop. Quando usciamo sono quasi le 19. L’aria si raffedda, ormai il sole è sceso, ma a me cominciano a crearsi sulla fronte dei rigoli di sudore. Mi tocca la cena con i genitori dell’architetto. Come mi vestirò? In che lingua parlerò? E di cosa parlerò? Mamma che caldo!
Pic: Guggenheim Museum, Bilbao
Song: Simon & Garfunkel – Bridge Over Troubled Water

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