viaggi overseas

Verso Barcellona



  • La cena del cretino

La scenografia è questa. Vecchia casa padronale in Calle Arbidea. Ci accoglie un portone rustico enorme, un ingresso buio e lunghissimo. E poi in una sala iperilluminata con gigantesche finestre rivolte al sud aperte da tende bianche, incontro il signor Orio e la signora Sole e poi la nonna Arantza dallo splendido sorriso e Eduardo e Mikeli i fratelli che mi scrutano senza mai sorridermi. Io sono infagottato da scarpe troppo strette e da una giacca con maniche troppo lunghe, che rischiano di inzupparsi nei meravigliosi e opulenti piatti della cena. Magnifica cena. Nei Paesi Baschi, mangiare significa molto di più che sopperire ad un bisogno di prima necessità. La gastronomia fa parte della quotidianità dei baschi, che dibattono, speculano, fanno processi e stringono legami davanti ad una tavola imbandita. E allora pagelli, palamite e rane pescatrici cucinate nei modi più svariati, salsicce caserecce, sanguinacci di riso, fagioli bianchi, ciambelle e “perrechicos”, una deliziosa varietà di funghi delle montagne di Orduña. Il cibo è meraviglioso e mi commuove, la conversazione invece stentata e surreale. Funziona così: io dico qualcosa, Belén traduce in basco e/o catalano e poi quando rispondono i familiari lei traduce in inglese. Così per venti minuti. Poi ci si stanca e si parla in uno strano esperanto composto da catalano, castigliano, basco, inglese, italiano e sardo. Fino a quando si scopre che tranne Belén tutti noi parliamo un po’ di francese. E l’architetto che prima era al centro della conversazione non diventa più indispensabile con sua grande letizia. Avendo evidenti limiti linguistici e tanti argomenti tabù la conversazione langue con desolanti e imbarazzanti cadute come quando dopo qualche bicchiere di Txacolì dico: “Ma lo sa signor Orio che lei si chiama come un aeroporto del nord Italia?”.

  • Camminando sotto il sole

Il giorno dopo ci svegliamo tardi e per fortuna senza anelli di fidanzamento alle dita e risaliamo a piedi la riva destra del Nervion fino al Palazzo Euskalduna, opera di Federico Soriano e Dolores Palacios; l’edificio è ispirato allo scafo di un’imbarcazione e racchiude sale per la musica, sale congressi, auditorium ed è stato costruito sul sito occupato fino a pochi anni fa dall’ultima industria bilbaina produttrice di navi. Saliamo lungo la riva sinistra del fiume fino al Guggenheim; è una bella giornata, il sole è caldo e mi concedo ancora qualche posa con l’opera di Gehry. Continuiamo la passeggiata fino al ponte Zubizurri opera di Santiago Calatrava; ancora qualche foto e prendiamo il tram dalla vicina stazione Uribitarte fino alla stazione Ribera. Riprendiamo il tram dalla stazione Guggenheim e raggiungiamo Arriaga; attraversiamo la piazza su cui si affaccia il teatro ed entriamo nel locale che a quest’ora è pieno di gente che assapora i churros con la cioccolata calda amara, tipico break pomeridiano spagnolo. Un simpatico cameriere ci porta due tazze di cioccolata ed un piatto di deliziosi churros, morbidi bastoncini di pastella fritti da intingere nella cioccolata; nel frattempo socializziamo con una dolcissima bimba italo-inglese che ci sorride dal tavolo vicino.

  • Amarcord basco

La sera e il giorno successivo li passiamo a vedere i luoghi dell’infanzia dell’architetto: l’albero piantato alle elementari che ora ospita numerosi passeri, la scuola superiore dove ancora si intravede “Belén te quieto”, il dipartimento universitario in cui ha fatto la ricercatrice per soli “quattro terribili mesi”, la sua galleria d’arte preferita, la gelateria dove ha scoperto per la prima volta il gusto al pistacchio, etc. Cerco di imparare qalche parola in Basco. La lingua mi piace e ha una musicalita’ molto particolare. Alcune parole mi piaciono in particolare. “Ciao, è da molto tempo che non ci vediamo” si dice “Kaixo” e “Sono felice!” si dice giustamente “Topa!”. E poi Felip. Il suo ex compagno. Tra me e lui nasce una sorprendente e solida simpatia. Felip è un omone di trentotto anni di quasi due metri con occhi infossati, una folta barba nero e un peso inferiore al mio. Fa l’artista e pare che riesca a camparci. Passiamo un inatteso pomeriggio a prendere in giro l’architetto e a compatirci ironicamente. Invidio senza gelosia il bel rapporto che sono riusciti a mantenere. Prima di salutarci mi lascia un bigliettino in mano con su scritta questa frase: “In basque arithmetic, one plus one equals everything, and two minus one equals nothing”.

  • La festa spagnola

La sera cerchiamo un ristorante tranquillo con piatti tipici per festeggiare il compleanno dell’architetto, ma una telefonata arriva sul cellulare di Belén, tale Miguel chiede di me. Il tipo in un inglese claudicante dice che lui e “los amigos” stanno organizzando una festa a sorpresa per l’architetto e mi dicono di riportarla a casa con una scusa. Decisamente contrariato (preferivo una cenetta tranquilla) riporto la basca a casa e mi trovo immerso tutta la notte in una bolgia basca, in una atmosfera che è un mix tra le Cirque du Soleil e la Fura del Baus. Le luci sono straboscopiche, la gente esultante, le canne potenti, il vino poderoso, la cerveza immancabile. Giocolieri e mangiatori di fuoco improvvisano uno show. I giorni un po’ romantici, un po’ familiari, un po’ cultural-cittadini finiscono con fuochi d’artificio. La temperatura nel piccolo appartamento sale e ci ritroviamo in tanti a dorso nudo o in reggiseno a ballare ritmi mediterranei. Coinvolto in quest’orgia spagnola cado addormentato all’alba. La mattina mi ritroverò abbracciato a un peluche.

  • In Sardegna

E tempo di andare. Prendo il treno per Barcellona. Mi fermo lungo il tragitto a Saragozza. Passeggio per i 500 metri della Plaza de Nuestra Senora del Pilar e tra i vivacissimi colori delle case sento quasi nell’aria la storia della città fatta di romani, mussulmani e spagnoli. Mangio dei grandiosi frutti di mare alla Cerveria Mapy. Arrivo a Barcellona. Trovo Martin al Moll d’Espanya e parlo della vita che ha lasciato a Dublino due mesi fa che non rimpiange e Carlotta al Mercat de la Boqueria con qui parlo delle utopie lasciate in Italia che rimpiange. Mi piace Barcellona, una città che amo visceralmente e che mi fa sentire sempre a casa ogni volta che ci torno, ma ci starò poco. Il fine settimana è dedicato alla Sardegna per bagni, spiagge, nipotini e elezioni. Spero di trovare lo scirocco anche in Italia. Prendo l’aereo per Alghero per fare altri 500 chilometri in volo. Non è un problema. Mi piace peregrinare. Conrad diceva che si vive come si sogna. Io sogno tutte le notti di viaggiare.

Pic: Balcone a Saragozza
Song: Los Pinguos – Fumaza
Link: www.lafura.com


View Comments