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Perché l’Irlanda ha votato no


Hanno vinto i no nel referendum tenutosi ieri in Irlanda sul trattato di Lisbona. Perché? Tranne il Sinn Fein tutti i partiti politici irlandesi da destra a sinistra erano per il si. Tutti i giornali erano per il si. Tutte le tv pubbliche e private erano per il si. I sindacati dei lavoratori, la potente associazione dei farmers, i massoni e gli intellettuali erano per il si. Le istituzioni finanziarie, le associazioni degli imprenditori, gli ambientalisti erano per il si. Eppure con il 53,4% dei voti ha vinto il no. Parrebbe paradossale per un paese sempre considerato europeista e che ha sempre sfruttato al meglio le risorse e le opportunità provenienti dall’Unione europea.
Quali sono i veri motivi che hanno portato alla sconfitta del Trattato di Lisbona in Irlanda e (forse) del sogno di una Europa Unita politicamente? Cerco di elencarli.

  • La maggior parte degli irlandesi, soprattutto dei ceti più popolari, non ha ben capito di che si trattasse. Il poderoso trattato, che tranne poche modifiche rispecchia la confusa e retorica costituzione europea bocciata da Francia e Olanda, è stato inviato nelle case di tutti gli irlandesi, ma pochi lo hanno letto o perlomeno capito. Non capendo di che si trattava l’affluenza al voto è stata bassa. Hanno votato circa il 50% degli aventi diritto. E quelli che hanno votato erano perlopiù i movimenti più motivato al no.
  • Nonostante il formale si dei loro rappresentanti, i contadini e gli abitanti della countryside hanno votato massicciamente per il no per paura di perdere i privilegi commerciali conquistati negli ultimi anni.
  • Il fattore identità è elemento fondamentale per l’Irlanda. Nonostante il Sinn Fein sia un partito minoritario nella Repubblica Irlandese, è forte la paura di perdere potere e autodeterminazione dopo la lunga battaglia per l’indipendenza dall’Inghilterra. Così come di perdere una neutralità sulle faccende internazionali di cui l’Irlanda è orgogliosa.
  • Con il trattato ci sarebbe stato una rappresentanza su basi demografiche nella scelta dei commissari e del Consiglio d’Europeo. E quindi mentre ora la piccola Irlanda conta quanto Francia o Germania nelle votazioni e nella rappresentanza, con il trattato, dove sarebbero contati meno i poteri di veto dei singoli Stati e di più le istituzioni centrali, si sarebbe vista ridurre il suo peso politico.
  • Con il trattato ci sarebbe stato un maggiore peso politico dell’Europa sui sistemi fiscali nazionali. E (erroneamente) questo ha portato molti irlandesi a pensare che con il trattato sarebbero aumentate le tasse. Anche per le multinazionali presenti in Irlanda grazie alla detassazione offerta che, secondo molti, sarebbero fuggite in massa.
  • Le multinazionali americane si sono schierate fortemente per il no al referendum. Per evitare nuovi regimi fiscali e per impedire una forza politica ed economica europea.
  • In queste ultime settimane Dublino è stata invasa da movimenti anti-abortisti, nazionalisti, noglobal di tutta Europa. L’opposizione al trattato è stata molto variegata: cattolici fondamentalisti, socialisti-marxisti, indipendentisti, protezionisti, contadini. Tutte organizzazioni molto ideologizzate e molto più motivate delle governative e formali organizzazione per il si.
  • Votare no è stato un modo di votare contro il poco amato governo in carica e in particolare contro il controverso taoiseach (pronuncia /ˈtiːʃəx/, il primo ministro irlandese) Bertie Ahern, dimessosi lo scorso mese per il suo coinvoligimento su episodi di corruzione. Nonostante le recenti elezioni il governo in carica è assai poco apprezzato dagli irlandesi. Cosa non cambiata con il nuovo taoiseach Brian Cowen ex ministro della finanza che per carisma fa apparire in confronto Gordon Brown una rockstar. La cosa buona è che con la vittoria del no si eviterà che il discutibile Ahern diventi di primo presidente dell’Unione Europea.
  • Gli irlandesi incominciano ad aver paura di perdere il benessere raggiunto negli ultimi anni e le novità svaventano. L’Irlanda sta affrontando la peggiore crisi economica degli ultimi trenta anni. L’ inflazione proprio il giorno delle elezioni ha toccato il 4,7% annuo, e il 7,8% per il cibo, più della media europea. Al momento 200.000 irlandesi si dichiarano disoccupati, era dal 1967 che non si registrava una così seria caduta dell’occupazione. Come ben sanno gli italiani che sono venuti in Irlanda a cercare lavoro negli ultimi mesi, la situazione sta precipitando: si sono persi 47.747 posti di lavoro solo negli ultimi mesi. Il Prodotto Interno Lordo continua a peggiorare: era pari al 7,4% del 2006 si è passato al 5,3% nel 2007 al 2,4% del 2008 e per il 2009 il Central Statistics Office prevede il 2,1%. Per la prima volta da decenni nel 2008 il saldo di bilancio sarà negativo. Ormai si incomincia a parlare senza tabù di recessione.
  • L’Irlanda è un paese conservatore e estremamente cattolico. L’aborto è illegale e fino al 1995 lo era anche il divorzio. La mancanza della indicazione delle radici cristiane, nella costituzione europea prima e nel trattato ora, ha portato a una palese ostilità da parte delle pervasive organizzazioni cristiane irlandesi. Ha guidato la campagna per il no “Libertas”, un movimento d’opinione cristiano pare finanziata da lobby ultraconservatrici americane e guidato dall’uomo d’affari Declan Ganle. Alla UE Libertas rimproverava le tentazioni filo-abortiste e ieri, nella loro sede di Dublino, fra cori sacri e statue della Madonna, una svastica copriva la carta dell’ Europa, e i manifesti avvertivano: “Ascoltiamo Nostra Signora di Fatima che ci invita alla conversione per evitare il castigo… come cattolici respingiamo il trattato di Lisbona, che non contiene una sola parola su Dio!”.

Pic: No to Lisbon, Pearse Street, Dublin
Song: Christy Moore – Only our Rivers Run Free
Link: www.libertas.org


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