Quartieri di New York
Quartieri di New York

Lower East Side


Lower East Side, Manhattan. Il quartiere si estende dalla Bowery all’East River, a sud della Houston. E’ un circuito di vie odorose, di marciapiedi vividi, di persone e personaggi persi in frastornante diversità. E’ la zona di New York in cui i segni delle ondate migratorie sono evidenti e vicini alla completa rimozione. E’ un riassunto animato della città.

Il Lower East Side è il fazzoletto di terra che ospitò via via tutte le minoranze in fuga dai rispettivi natali verso l’America-Terra-Promessa. I primi abitanti furono gli Indiani della tribù Lenni-Lenape ai quali seguirono i coloni olandesi e inglesi. Dal XIX secolo in poi si sono alternati nel’?area irlandesi, tedeschi, ebrei in fuga dall\Europa e infine ispanici. Il Lower East Side sfuma ad ovest in Chinatown, sempre più estesa e popolosa, e in Little Italy, rimpicciolitasi negli anni e ridottasi a poco più che ad un’attrazione turistica su Mulberry Street. A nord della East Houston si trova Alphabet City, chiamata così perché le Avenues perdono la connotazione numerica e vengono denominate A, B, C e D. Nella Città dell?Alfabeto sorgeva Loisaida, la zona portoricana dove il calore dei tropici si mischiava all?asfalto della città dando vita a combinazioni d?incanto difficili da trovare oggi con tanta intensità. Alphabet City è attualmente una zona alla moda fatta di ristoranti e bar di tendenza. Gli occhi disattenti difficilmente sapranno individuare i deboli resti di quella che fu una storia umile ed epica al tempo stesso, tutta metropolitana, tutta newyorkese.

E’ un percorso difficile da raccontare. Sono voci di migliaia di persone che nel corso degli anni hanno abitato questa terra, l?hanno sudata, intrisa di sangue e lacrime, amata e perduta. Perché le strade di New York non hanno mai avuto un padrone definitivo e mai l?avranno. Né gli yuppies, né la malavita, né il capitalismo, né il terrorismo. Né tanto meno i reietti di ogni mondo, vecchio e nuovo.

Il Lower East Side era considerato il ghetto di Manhattan. E il passato è d?obbligo perché attualmente i newyorkesi reputano l?area la più hip della città (hip è ciò che veramente rappresenta l?ultima tendenza).

La contraddizione e la differenza erano evidenti soprattutto negli anni Ottanta, quando Wall Street celebrava i fasti dell’America di Reagan e a pochi isolati più a est gli abitanti del ghetto lottavano per garantirsi l?alloggio sul quale la speculazione edilizia aveva già messo gli occhi.

Ora invece su Delancy Street sono sorti i locali notturni più in voga delle notti newyorkesi. Sulla Rivington, fra Suffolk Street ed Essex Street, ci sono bar e ristoranti di recente apertura. La violenta vougue newyorkese s’insinua quaggiù nelle strade che furono ?e che sono- degli immigrati, di alloggi squallidi, di murales che raccontano storie di soprusi e abusi e vita, d?insegne italiane ed yiddish ora scolorite e sostituite da quelle orientali e spanish, di bancarelle cinesi di frutta e pesce, di negozi coreani, vietnamiti, latini. A dare il via all?intrusione massiccia e non curante dei giovani uptown e dei turisti più informati è stata la mano invasiva della gentrification.

Gentrification è il termine inglese utilizzato per identificare le ristrutturazioni di quartieri ai fini di lucro commerciale. Il risultato di questo meccanismo porta ad affitti improponibili per gli abitanti originari che cedono il posto a yuppies in carriera attratti dai neighborhoods più in. La perdita non è solo materiale. I portoricani che abitavano Losaida e che ora si sono trasferiti nei sobborghi hanno subito uno strappo morale e una frode culturale.
Che rimane del Lower East Side? L?innaturale miscuglio di razze è stropicciato irrimediabilmente dall?orda di newyorkesi bene e matricole di NYU? E’ davvero finita la poesia malata, allarmante e radiosa del ghetto?

Il Lower East Side sa ancora incantare e, seppur debole, trova il modo d?esistere. Nei discorsi incomprensibili in spagnolo degli anziani su Pitt Street, vicino al Hamilton Fish Park. Nell?inglese trascinato e nero dei ragazzini agli angoli delle strade. In Marcel, portoricano nato e cresciuto nel Lower East Side. Racconta di quel giorno, quando le torri sono venute giù e il popolo del ghetto era sui tetti a disperarsi per una sventura che colpiva prima ancora che il cuore della macchina America – la stessa America che porta via le loro case – il profilo della città che tanto amavano. Dice che quella polvere arrivò fin lì, ma lui non ebbe paura. ?Qui è una guerra tutti i giorni, dopotutto?. Mi sorride sornione nel sapere che mai capirò fino in fondo.

Il Lower East Side continua ad esistere nella musica: i classici latini, le hits di Don Omar e Nina Sky, le sonorità caraibiche che incontrano l’hip-hop, il codice del ghetto rappato da Lil’ Kim dagli impianti stereo delle auto. Esiste nella notte, quando superata la zona dei nuovi locali trendy di un solo isolato, ci si riscopre attenti e naturalmente portati a seguire le regole non scritte del muoversi nel ghetto, soprattutto al buio, quando, in certi angoli, il Lower East Side è tuttora piuttosto impegnativo.

E continua ad esistere nei panorami dai tetti bassi e piatti. A nord svetta luminosa uptown ai piedi dell?Empire e del Chrysler. A sud-ovest i grattacieli del Financial District. New York e il suo il candore molesto in una sola immagine.

Quel che rimarrà di questi ultimi strascichi di ciò che fu il Lower East Side è intuibile. Ma questa è Manhattan. Da quando esiste non ha mai mostrato interesse ad avere memoria, soprattutto per quanto riguarda la controcultura, per sua stessa natura non riducibile a materiale da museo. E’ la sua logica. E’ parte del suo fascino caustico.

Ieri Alphabet City, il Meat Packing District, il Lower East Side. Oggi Harlem. Domani il Bronks. La gentrification nella città affamata d’alloggi non si riterrà mai soddisfatta. Eppure rimarrà uno scarto. Perché ciò che New York sa meglio fare è trasformarsi. Perché New York è un disastro e un dono. Perché anch’io oggi nel mio appartamento su Washington Heights sono parte della gentrification, nonostante la malinconia che suscita il pensiero dell’inevitabile perdita.

Mi fermo al market all’angolo di Ridge Street per prendere dell?acqua dopo il pasto da Katz, deli storica sulla Houston. Nelle strade animate del tardo pomeriggio mi sento protetto dall?atmosfera ermetica del ghetto. Rimango un outsider, si vede e si sente. Irving Berlin, celebre compositore nato nel ghetto, disse: “Ci dovrebbe essere un Lower East Side nella vita di ognuno”. E da quaggiù non si può far altro che annuire.