Bisogno di solitudine
Ieri un vicino di casa divorziato nella cui casa ero ospite mi ha detto: “Avevo da fare delle cose per me. Trovo importante potersi occupare di se stessi. Fare le cose esclusivamente per sé”. E apprezzo la sua scelta poiché penso che dedicarsi agli altri, totalmente, tradisca una perversione. Espressioni di carattere morale come “amore per l’umanità” o “amore per gli altri” mi sembrano prive di senso poiché a me – dopo tanti anni di cooperazione internazionale e volontariato – è impossibile in questo momento amare gli altri come un’entità astratta. Io ora voglio amare una sola persona, definitiva, storicizzata, esclusiva presenza nel mondo. Io voglio amare una persona alla volta, e se non voglio barare con me stesso, mi sento esclusivamente di fare questo. Nel mondo esistono gli antipatici, i nemici, gli odiosi, i malvagi. E io non ho assolutamente intenzione di amarli. Poiché non li ritengo esponenti della mia specie, né del mio genere.
L’egoismo che osservo nelle altre solitudini però mi appare a volte esagerato. In alcuni diventa vera e propria tirchieria, in altri essenzialità, in altri frugalità o nevrosi di ordine, pulizia, attenzione maniacale per la disposizione abituale delle cose e dei sentimenti. Come se la solitudine, quella accettata e rielaborata, avesse costruito, nel cuore dell’individuo, un atlante di percorsi sbarrati, di strade senza uscita, di sensi unici, di dighe, di barriere antisismiche in modo che qualunque sentimento o oggetto nuovo abbia un percorso prestabilito, all’interno, per vagare senza arrecare danno.
Quelle parole del vicino mi hanno incoraggiato, anche io voglio occuparmi di me. Ma poi stasera, mentre Johana la mia coinquilina praghese era sotto la doccia, ho incominciato a preparare dei calici di Messias Porto Vintage e dei piattini di Feta e Olive. E guardando dalla finestra sopra l’acquaio il giardino d’inverno interno, mentre riflettevo sulle caratteristiche della case irlandesi con piccole cucine, ho avvertito, alle mie spalle, la presenza della mia coinquilina, in accappatoio, come quella insidiosa, di una guardiana o di una osservatrice. L’educazione della mia coinquilina impediva che mi dicesse: “Fai respirare il vino! Scalda al forno il pane indiano! No, non è quella la temperatura giusta del tostapane!” ma quello che mi comunicava la presenza muta di Johana, che si frizionava i suoi lunghi capelli biondi, era esattamente questo. E ho desiderato fortemente di buttare il prezioso Porto comprato per lei e andare via da quella cucina troppo piccola per due sbattendo la porta.
Mi sono reso conto che il mio bisogno di solitudine non mi può fare appassire, distaccare totalmente dagli altri. Io sto cercando di dare una risposta al bisogno di me stesso. Voglio continuare a essere generoso, disponibile, aperto anche se capisco che le cose sono difficilmente conciliabili. La solitudine mi sta effettivamente cambiando. “Sono i trentacinque anni” – mi dice la ventiduenne Johana – “Il tuo corpo non risponde più come un tempo”. Ma io ho sempre il bisogno incessante di conoscere, curiosare, vedere gente, ambienti, paesaggi. Lei mi da questa giustificazione perché si accorge che da settimane non mangio più di notte, non cucino più alle tre di mattina, un momento assorto e silenzioso a lei caro, con le orecchie ancora otturate dalla musica del club, e la testa ronzante, fissa per minuti interminabili su una frase pronunciata al pub o sul sorriso di qualcuno.
In realtà sono altrettanto consapevole che l’età conta relativamente e che ciò che mi sta piegando non è un processo biologico ma l’addensarsi, il sedimento di un senso di colpa che non mi lascia mai, che si impasta con l’invecchiamento delle mie cellule, che ancora tarda a risolversi, a scomparire…
Song: Carla Bruni – Ma jeunesse
Link: www.utopie.it/numeri
L’egoismo che osservo nelle altre solitudini però mi appare a volte esagerato. In alcuni diventa vera e propria tirchieria, in altri essenzialità, in altri frugalità o nevrosi di ordine, pulizia, attenzione maniacale per la disposizione abituale delle cose e dei sentimenti. Come se la solitudine, quella accettata e rielaborata, avesse costruito, nel cuore dell’individuo, un atlante di percorsi sbarrati, di strade senza uscita, di sensi unici, di dighe, di barriere antisismiche in modo che qualunque sentimento o oggetto nuovo abbia un percorso prestabilito, all’interno, per vagare senza arrecare danno.
Quelle parole del vicino mi hanno incoraggiato, anche io voglio occuparmi di me. Ma poi stasera, mentre Johana la mia coinquilina praghese era sotto la doccia, ho incominciato a preparare dei calici di Messias Porto Vintage e dei piattini di Feta e Olive. E guardando dalla finestra sopra l’acquaio il giardino d’inverno interno, mentre riflettevo sulle caratteristiche della case irlandesi con piccole cucine, ho avvertito, alle mie spalle, la presenza della mia coinquilina, in accappatoio, come quella insidiosa, di una guardiana o di una osservatrice. L’educazione della mia coinquilina impediva che mi dicesse: “Fai respirare il vino! Scalda al forno il pane indiano! No, non è quella la temperatura giusta del tostapane!” ma quello che mi comunicava la presenza muta di Johana, che si frizionava i suoi lunghi capelli biondi, era esattamente questo. E ho desiderato fortemente di buttare il prezioso Porto comprato per lei e andare via da quella cucina troppo piccola per due sbattendo la porta.
Mi sono reso conto che il mio bisogno di solitudine non mi può fare appassire, distaccare totalmente dagli altri. Io sto cercando di dare una risposta al bisogno di me stesso. Voglio continuare a essere generoso, disponibile, aperto anche se capisco che le cose sono difficilmente conciliabili. La solitudine mi sta effettivamente cambiando. “Sono i trentacinque anni” – mi dice la ventiduenne Johana – “Il tuo corpo non risponde più come un tempo”. Ma io ho sempre il bisogno incessante di conoscere, curiosare, vedere gente, ambienti, paesaggi. Lei mi da questa giustificazione perché si accorge che da settimane non mangio più di notte, non cucino più alle tre di mattina, un momento assorto e silenzioso a lei caro, con le orecchie ancora otturate dalla musica del club, e la testa ronzante, fissa per minuti interminabili su una frase pronunciata al pub o sul sorriso di qualcuno.
In realtà sono altrettanto consapevole che l’età conta relativamente e che ciò che mi sta piegando non è un processo biologico ma l’addensarsi, il sedimento di un senso di colpa che non mi lascia mai, che si impasta con l’invecchiamento delle mie cellule, che ancora tarda a risolversi, a scomparire…
Pic: Docklands, Dublin
Song: Carla Bruni – Ma jeunesse
Link: www.utopie.it/numeri
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bacco1977 ( )
Mamma mia…….
Beh, secondo me cio’ che ti comunicava la coinquilina in accappatoio che si frizionava i capelli si chiama desiderio sessuale. E cio’ vuol dire che sei un normalissimo depravato, come tutti noi del resto. 😉
Scherzi a parte ho cercato anche io di pensare a me stesso, di trovare tempo per dedicarmi alla mia persona negli ultimi 4 mesi.
Risultato?
L’anno prossimo mi sposo.
Salutoni and enjoy!!
utopie ( )
tu non sai che vuol dire vivere con due ragazze ventenni gnocche che ti ronzano a casa seminude tutti i giorni. se non si diventa depravati non si è normali.
antonio ti sposi seriamente? e sto raduno di bloggers quando lo organizzi?
bacco1977 ( )
Beh si’. Cominciamo ad invecchiare, e la solitudine puo’ essere devastante per taluni.
Non sono fatto per stare da solo.
raduno blogger? Beh, venerdi’ postiamo e vediamo di organizzarne uno next friday.
See you soon.
Anonimo ( )
Il bisogno di solitudine e’ naturale e innato, viene dalla necessita’ che abbiamo tutti di occuparci di noi stessi. E in effetti, dobbiamo prima prenderci cura di noi per avere poi la forza per occuparci degli altri. Credo che questo valga sia nei rapporti con gli altri in generale che con una persona in particolare con quale scegliamo di condividere qualcosa in più, magari di più speciale.
Come in tutte le cose non e’ sempre facile trovare un equilibrio, ma con la dovuta pazienza e con la giusta disponibilità’ d’animo e’ certamente possibile.
Una volta trovato pero’, quelli che ci sembravano compromessi ai quali non volevamo piegarci svaniscono quasi per magia e la vita perde quel sapore amarognolo che tanto ci dava fastidio.
sensidiviaggio ( )
Ciao Utopie!
Leggo frequentemente il tuo blog, anche se fino ad ora non ti ho mai lasciato un commento. Davvero interessante, complimenti!
Spesso la solitudine è necessaria, per diventare più forti e per conoscere chi siamo: e si scopre un mondo in cui, per troppi impegni, non siamo mai entrati. credo che una persona che riesce a stare in solitudine abbia una personalità molto equilibrata. il rischio è l’eccesso che porta a diventare egoisti e individualisti.
Ciao,
Sara
Anonimo ( )
bentonato al blog carissimo!
io non credo comunque che tu abbia perso completamente la tua vocazione laica ad aiutare il prossimo e salvare il mondo. credo sia solo una tua fase in cui ti stai rifugiando nel privato e fingi un cinismo che non ti appartiene. non si deve avere paura della solitudine, ma neanche mi pare glorificarla come valore. poi vivere con la ceca non so quanto ti faccia bene. un bacione.
p.s. se ti sento ancora una volta parlare di senso di colpa giuro prendo il primo aereo per dublino e ti sculaccio! 🙂
DirtySpoon ( )
Ma “the last post” dove è finito? Io avrei voluto leggere “la morte della tigre celtica”
–
La solitudine è un’ottima cosa a piccole dosi, raccomando almeno un’ora al giorno fuori dall’orario di lavoro e lontano dai pasti 😉
utopie ( )
– cari paolo e sara (benvenuta!) la solitudine e la cura di solo me stesso la cerco e la godo quando la conquisto, quando invece è una circostanza in cui mi ritrovo non per scelta è più complicato.
– carlotta non sono un patito del sadomaso ma mi faccio sculacciare volentieri da te, cosi’ magari finalmente vieni a trovarmi. senso di colpa!
– DirtySpoon farò il “last post”. riguardo alla morte della tigre celtica sento la responsabilità di non scrivere un post con stupidaggini che potrebbero condizionare scelte di alcuni lettori… e dovrei documentarmi meglio, ma ora ne ho poca voglia ad essere onesto.
bacco1977 ( )
Ciao utopie.
Ho postato su cavesi a Dublin per una serata blogegrs.
Vediamo che si riesce a fare.
Salutoni
Unknown ( )
Ragazzo! Mi dispiace dirtelo ma stai perdendo tempo. No davvero, ti stai fossilizzando. Dici no? Vabbeh, questo e’ il mio punto di vista. OK, non stai attraversando un periodo OTTIMO. Mi pare “statisticamente” ovvio. Lo hai avuto e te lo sei bruciato fino all’ultima goccia. Come dicono i buddisti: per quanto sia lungo un inverno arriva sempre una primavera. Come dico io: te tutto ti va troppo bene ‘un ci son cristi, prima o poi ti deve andare storta. E come diceva un mio vecchio prof di fisica sperimentale: poggia e bu’a fa pari.
Vabbeh, ma che te le dico a fare? Tanto ora sei un mulo cieco che va a fiuto (e sente solo quell’odorino di santo…).
Sai che? Vedi di iniziare a volerti davvero bene! Non e’ mai troppo tardi.
X Carlotta: si ma… Carlotta? Ah… e’ gia’ in aereo… 🙂
X dirtyspoon: Tigre Celtica in due righe:
1) e’ in rianimazione intensiva;
2) troppi mortgages!!! e il lavoro scema sempre di piu’.
utopie ( )
The ti voglio bene anche io e non posso che darti ragione, ma sai… tanto a breve cambieranno tante cose …fammi fare qualche stupidata pre-feragostana… soppravviverò… ne ho passate di peggio…
sulla morte della tigre celtica in breve aggiungerei:
3) il fenomeno economico-finanziario irlandese era una bolla collegata a due parametri. La crescita del Pil fortemente dipendente dal mercato immobiliare, legato a sua volta al mondo del credito. E l’indebitamento delle famiglie irlandesi, in Europa il più simile al modello americano. Ora la bolla è scoppiata con tutto ciò che ne consegue.
Anonimo ( )
Le tue parole fanno compagnia ad altre solitudini. Qualche volta fanno sorridere, qualche volta fanno riflettere, qualche volta sono un semplice passatempo.
Bentornato.
Anonimo ( )
Ciao Maury!
Felice di ritrovarti ma…bè che ti succede?! Dai ragazzo forza e coraggio! Lo so a volte può sembrare dura, impossibile e l’età c’ntra fino ad un certo punto e che a volte arriva la nuvola nera che tutto copre. Ma sono molto d’accordo anch’io con i buddisti, la primavera prima o poi arriva e anche se poi ci sarà un altro inverno…la primavera, concentrati su quella! Ascolta buona musica, leggi un buon libro, osserva il mondo, fatti coccolare dagli amici e tutto sarà più facile!
Un bacione e un pacco di coccole!
Anna
Anonimo ( )
Credo centrino poco le nuvole nere o la crisi economica irlandese. Ha ragione the: ora il nostro utopie “sente solo quell’odorino di santo” e si fa del male. Ma lo capisco bene. E comunque più pigiate con jellyfish e meno coinvolgimenti sentimentali con gatte morte. E prossima casa londinese senza praghesi. enjoy!
bacco1977 ( )
Ciao Utopie. Serata organizzata. ti aspettiamo
Anonimo ( )
Come Utopie si trasferisce a Londra??
Paolo ( )
http://www.youtube.com/watch?v=i3k0oiypPHU