casa

Una calamità ritmica


Be’, cari miei, dovrei esserci abituato! Una cosa periodica! Un avvenimento ciclico! Un terremoto ricorrente! Di più! Un disastro stagionale! Una calamità ritmica! Dieci anni che non riesco dal trip. Un odissea! Un labirinto! E sempre lì che ti aspetta al varco! Un appuntamento immancabile! Non faccio in tempo a fare un progetto che casco lì! La casa! La casa! Voglio una casa! L’ho detto! Un flusso ricorrente! Puntuale come una maledizione! Accidenti!
Esco dal Liceo, ho diciannove anni. Vado all’università. Quella di Cagliari. La casa è mia, ma è gigantesca e per pagare mutuo e spese si affitta ad altri studenti. I senzatetto studenti mi invidiano. Eh, la stanza ce l’ho, ma devo gestire una casa da buon albergatore. Arriva di tutto: compari sbruffoni, paranoici che minacciano di bruciarmi la cucina, allergici alla pulizia, amici sinceri, ragazze che si portano un tipo diverso ogni sera, ladri che mi rubano racchetta da tennis e l’anello in corniola di mio nonno, accaniti giocatori notturni di Risiko, ingegneri dal cuore infranto e fancazzisti da un esame all’anno. Sette anni che sono un cancan che non vi immaginereste. Ogni anno facce nuove. Amici di amici di compagni di compaesani dei cugini.
Mi laureo e vado a specializzarmi a Roma. Sette mesi a Monte Sacro. Camera matrimoniale con prezzi dublinesi in appartamento condiviso con una torinese collega di corso e una coppia di coreani cantanti lirici che ogni giorno cucinano speziato. E poi un anno in Albania con le Nazioni Unite. Una casa di tre piani con quattro bagni tutta per me a Scutari. Cento dollari al mese, ma acqua e luce solo tre ore al giorno e coprifuoco dopo le nove. Poi i miei viaggi di solidarietà in Costa Rica nei residence a cinque stelle, in Marocco nella casa del sindaco, in Montenegro in albergo con Jacuzzi. Il mio volontariato e i miei campi di lavoro in Turchia, Svizzera, Italia, Albania, Tunisia, Moldova, Olanda, Repubblica Ceca dove, con il mio sacco a pelo, dormo per terra a fianco di insetti e una dozzina di volontari su ruvidi pavimenti di scuole, casermoni o stalle. Ma anche il mio lavoro ecoturistico nel Devon, dove condivido per sette mesi una decadente british house con tre spagnoli.
E poi la mia permanenza negli ecovillaggi. Tra gli spirituali a Findhorn in Scozia, tra i permacultori nell’Oxfordshire, tra gli ecumenici a Milton Keynes, tra i buddhisti a Kendal nella Cumbria. Dove i valori sono olismo, inclusività e armonia e non posso neanche andare a pisciare senza condividere la cosa con la comunità. E poi i mesi sulla Riverside Drive nel West Village di New York. Viaggio tanto, ma ho sempre la mia casa di 250 metri quadrati nel quartiere Vecchio Mulino di Cagliari. E la mia Itaca, la mia salvezza di una vecchiaia senza pensione. Ma poi la mia ragazza, forse stanca dei miei viaggi, mi spezza il cuore e mi porta via l’anima e di quella casa di gioie e dolori non voglio più saperne nulla e la vendo ad un prezzo ridicolo. Via da Cagliari, via! Inscatolo i miei libri e i miei CD e via. Sono homeless.
Finalmente Milano. La mia amata Milano! Un anno in bilocale nel quartiere Assietta. Ogni giorno treno delle Nord per Cadorna, ma finalmente solo! Doccia alle tre di mattina e divano letto per gli ospiti. Ma poi ci ricasco. Mi innamoro e lascio il mio spazioso bilocale per un sottotetto in via Canonica da dividere in due. Accogliente, centrale e romantico ma troppo stretto per due.
Poi l’Irlanda. La casa dei mille post-it con i francesi puzzoni e finalmente Winter Garden con Pippa e Johana, dove la sera si sorseggia vino, si abbassano le luci e si ascolta jazz. Ma le ragazze vanno via a fine mese e rent e bills sono troppo alti per pagarli da solo. Devo cambiare casa. Ora sono a Londra ho fatto qualche interviews e visto qualche appartamento. Visto che la crisi economica irlandese ha colpito la mia piccola azienda e la mia attuale casa è troppo costosa forse è il momento di rimettersi in gioco e di intraprendere nuovi percorsi e cercare nuove case. Dopo le interviews del mattino appuntamento oggi alle quattordici davanti a una casa in affitto a Paddington, bel quartiere tra l’Hyde e il Regent’s Park. Vado a vedere. Una coda. Una strafila! Che è? Il pane gratis? L’assalto ai forni! Di più, di più! Una casa in affitto. Diciotto persone. Anzi di più. Una cosa terribile. Studenti. Sposini. Marocchini. Pakistani. Pensionati. Ragazze madri.
La casa! La casa! Monoletto o sottotetto! Bilocale o cantinale! Mansardato o cascinale! Un flusso periodico! Un mal di pancia! Un annuncio. Due annunci. Referenziatissimo. Dici: trovo un lavoro. Una brava ragazza. Faccio la persona onesta. Dici. E la casa? Be’ mica storia da niente. Una storia senza fine. Un terremoto ricorrente. Se trovo un lavoro più sicuro e al riparo dalla recessione irlandese e magari qualche nuovo coinquilino per la mia costosa casa rinuncio alle offerte di lavoro londinesi e rimango a Winter Garden. Rimanere! Rimanere? Nella mia amata Dublino da double room minuscole a euro 800 e bilocali in cartone a euro 1600.

Pic: Paddington Houses, London
Song: Indigo Girls – Make This House A Home
Link: www.daft.ie/32932


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